Rap, droga e Jihad

banlieue-noisey Rap, droga e Jihad non sembrerebbero avere nulla in comune, anzi a Raqqa (sede del Califfato) le droghe sono tassativamente proibite, si bruciano in piazza montagne di sigarette e di libri, le cassette audio di musica occidentale vengono distrutte. Eppure i tre termini compaiono nelle storie personali degli attentatori di Parigi di cui abbiamo lungamente letto sui giornali di tutto il mondo. A mettere in un quadro coerente questi strani mujaheddin – così lontani dal purismo salafita – c’è l’antropologia. Nella cronaca delle ultime settimane i problemi rappresentati dalle banlieuses parigine sono un po’ passati in secondo piano, ma è proprio lì che si trova la risposta a questa strana commistione di modernità urbana e di radicalismo integralista. E forse il tutto spiega perché la Francia ha subìto così tanti attentati negli ultimi venti anni. Continua a leggere

I piani americani per riconquistare Mosul

Mosul Il Pentagono avrebbe un piano per riconquistare Mosul, la principale roccaforte dell’Isis in Iraq. L’indiscrezione, ammesso che di indiscrezione di tratti, viene da una rivista militare (Military Times), poi ripresa da molti organi di stampa. L’offensiva dovrebbe scattare fra aprile e maggio e vedrebbe in campo cinque brigate delle forze di sicurezza irachene, tre brigate dei peshmerga curdi, tre brigate di rinforzo e un contingente di forze tribali della regione. Dichiarare apertamente i propri piani non ha molto senso per cui è stata fatta l’ipotesi che si tratti di un’operazione tipica della guerra psicologica (sempre che non si tratti di un incidente di percorso). Da qualche settimana circolano indiscrezioni secondo cui le forze dell’Isis non sarebbero più in grado di continuare la loro fase di espansione in Iraq e le cose non andrebbero meglio in Siria dove c’è un’alleanza di fatto fra il regime di Damasco e la coalizione internazionale. Ma riconquistare Mosul comporta una sanguinosa battaglia urbana che richiede truppe specializzate, intelligence e un efficientissimo coordinamento delle forze sul terreno che al momento non si vede. Continua a leggere

Ha senso trattare per gli ostaggi in mano all’Isis?

Kasasbeh Nonostante i frenetici giorni di trattativa con il governo giordano la sorte del pilota Moaz al-Kasasbeh era probabilmente già segnata. La sua è stata una esecuzione orribile e fra le peggiori che si ricordi dalla fondazione del Califfato Islamico. Non si sono salvati neanche i due ostaggi giapponesi per i quali era stato richiesto un ingente riscatto. L’Isis sembra più interessata a determinare shock violenti che a trattare, ma militarmente la sua offensiva sembra aver raggiunto, almeno in Iraq, una fase di stallo. L’orrenda esecuzione di Moaz al-Kasasbeh era destinata a creare problemi alla monarchia giordana, in altri termini ad indebolire la componente araba della coalizione internazionale che combatte l’Isis? Continua a leggere

Il blitz fallito in Yemen porta all’uccisione di due ostaggi

special-forces Un commando di 40 uomini delle forze speciali americane ha tentato ieri di liberare con un blitz in extremis due ostaggi occidentali nelle mani del gruppo yemenita di al-Qaeda in Arabian Peninsula (AQAP). Ma li hanno trovati gravemente feriti dai miliziani quando questi ultimi si sono resi conto che erano destinati a soccombere. Il 4 dicembre il leader di AQAP, Nasser bin Ali al Ansi, aveva diffuso un video in cui dava tre giorni di tempo al governo americano per ottemperare ad alcune condizioni poste dall’organizzazione, e trascorso questo periodo dichiarava che gli ostaggi ancora nelle loro mani sarebbero stati uccisi. Continua a leggere

La caccia ai leader dell’Isis

kobane Gli Stati Uniti dall’8 agosto in poi hanno effettuato almeno 800 missioni contro l’Isis, ma al momento la struttura di comando di questa organizzazione sembra virtualmente intatta. Come mai? Nei Territori ad Amministrazione Tribale pakistani, dove si erano rifugiati i talebani e gli uomini di al Qaeda, la strategia delle eliminazione mirate è stata l’arma vincente per ridurre la forza dei gruppi insurrezionalisti di cui è stato scardinato il coordinamento. Lo schema è stato utilizzato in altri teatri di conflitto, ma al momento non sembra che in Iraq ci siano le condizioni per riproporlo. E i motivi sono diversi. Continua a leggere

La posta in gioco a Kobane

Kobane airstrikes In tre settimane di combattimenti i miliziani dell’Isis non sembrano aver piegato le poche migliaia di curdi che difendono Kobane. Al momento l’Isis sembra avere il controllo di circa un quarto della città di frontiera, ma i bombardamenti americani delle loro linee di rifornimento sembrano averne interrotto l’avanzata. Kobane è un avamposto strategico per l’Isis? Non sembra, l’esercito di Ankara ha schierato le sue forze corazzate al confine e questo preclude all’Isis di guadagnare un passaggio verso la frontiera turca che ora è fortemente presidiata. Alcuni analisti sostengono che per ogni curdo caduto in combattimento l’Isis ne perde almeno tre. Kobane è quindi un obiettivo simbolico, forse da conquistare anche con forti perdite, perché i miliziani possano rivendicare una vittoria sul campo. Il pasticcio di Kobane ha vistosi retroscena in Turchia dove sia i militari che il governo non vedono di buon occhio un territorio autonomo, anche se in Siria, controllato dai curdi. Kobane la si potrà salvare solo se si convincerà il governo di Ankara a fare qualcosa. Continua a leggere

La scelta dell’Independent

Indipendent 5 ottobre JPGQuella che si vede qui accanto è la copertina dell’Independent di ieri. Una pagina listata a lutto in cui si dà notizia dell’esecuzione di Alan Henning, il tassista inglese sgozzato dall’Isis il 3 ottobre, ma senza pubblicare alcuna foto. La si può considerare una forma di testimonianza che difficilmente altri quotidiani seguiranno, ma è una scelta efficace? Continua a leggere

Perché l’Isis sgozza gli ostaggi?

isis-iraq-jms Gli sgozzamenti dell’Isis e le atrocità che commettono in Siria e in Iraq hanno un senso? In altri termini sono azioni eclatanti che nascono da un calcolo strategico o piuttosto sono fini a se stesse perché motivate da forme di odio ingovernabili? Resta il fatto che queste atrocità, se analizzate facendo riferimento al sistema di valori occidentali, sembrano non avere alcun senso. Gli sgozzamenti postati sui forum jihadisti generano sgomento ed orrore, per cui almeno da noi comportano una pratica di rimozione collettiva: molti cancellano il problema perché non sono in grado di collocarlo in un contesto razionale. Continua a leggere

Il raid americano in Siria

isis-video L’intervento in Siria, annunciato da tempo, è scattato nelle ultime 48 ore. Per prudenza bisognerebbe aggiungere «almeno ufficialmente». Una prima salva di 40 missili di crociera è partita da due unità americano nel Mar Rosso e nel Golfo Persico, seguita mezzora dopo da una serie di bombardamenti che hanno colpito obiettivi nei pressi di Aleppo e Raqqa, la roccaforte dell’Isis in Siria. La terza ondata è arrivata circa otto dopo quando ad essere colpiti sono stati alcuni campi di addestramento nella Siria Orientale e alcune colonne di miliziani a Dier al Zour. Continua a leggere